L’archivio di Giorgio: dal taccuino, il glossario

Quando Giorgio comincia a studiare la scienza dei calcolatori raccoglie i suoi primi appunti nel taccuino che ha sempre con sé. Come è naturale, molte pagine soprattutto all’inizio, sono dedicate a fissare i termini e i concetti di questo nuovo mondo. In alcuni casi Giorgio, maturando la comprensione dei concetti, è tornato sulle definizioni, aggiornandole.

Abbiamo estrapolato dal taccuino e raccolto in questa pagina le note di Giorgio che si possono considerare definizioni.
Fra correzioni, cancellazioni, note e aggiunte sono le pagine del taccuino più difficili da decifrare.
Dove significativo, abbiamo lasciato traccia degli interventi successivi di Giorgio.


Binario: il calcolo “a cifre”, dopo secoli di calcolatrici meccaniche con l’usuale notazione decimale, è passato alla base 2 quando, con l’elettronica, invece di 10 simboli è diventato più pratico usarne 2, ben rappresentabili da diversi stati elettrici, tipicamente il verso della corrente dato da una tensione positiva/negativa, o in alcuni casi lo stato di circuito aperto/chiuso.

Digitale: a cifre, (dall’inglese digital) notazioni e procedimenti nei quali i valori numerici sono trattati per mezzo di simboli, le cifre appunto. I valori sono sempre esatti, nel senso che non c’è errore nell’interpretarli, ma sono discreti e limitati dal numero di cifre che si usano. Quando mi sente usare digitale Angela mi prende in giro dicendomi che voglio far l’americano, ché da noi digitale vuol dire del dito. Ha ragione.

Analogico: che funziona “per analogia”, cioè notazioni e procedimenti nei quali i valori numerici sono trattati tramite grandezze fisiche: posizioni su un segmento (come nei nostri fidati regoli lineari) o su una circonfernza (come le lancette dell’orologio), tensioni elettriche... I valori spaziano nel continuo e sono teoricamente illimitati in qualunque intervallo, tuttavia nell’interpretarli c’è sempre un certo errore. In Inglese analogical. analogico si dice analogue (analog in America), mentre analogo si dice analogous e pare che analogical si usi solo in filosofia.

Bit: dall’inglese bit, pezzetto; una cifra binaria, uno zero o un uno, quindi un pezzetto di informazione dato che nella pratica del calcolo “a cifre” ogni informazione, da grandezze assolute o fisiche, a testi (anche suoni!) è conservata ed elaborata passando per codifiche numeriche a loro volta codificate in cifre binarie, cioè in bit.
[ndr posteriore a maggio 1955] Mi ha fatto presente Ella che in realtà bit è l’acronimo di binary digit. Sostiene anche che dire che una cifra binaria è un pezzetto di informazione sia ingenuo e fuorviante: è come dire che ‘4’ è un pezzetto di π. Anche i legami con la logica sono pochi, in pratica limitati al fatto che anche là si usano 2 simboli per i 2 valori ‘vero’ e ‘falso’. Devo spiegarlo al Pieri.

Conversioni binario-decimale e decimale-binario: procedimenti per ottenere la codifica in base 10 di un numero codificato in base 2 e viceversa. Sono usati nella gestione dei dispositivi di interfaccia quando dalla rappresentazione binaria interna alla macchina si vuole produrre una rappresentazione più conveniente per gli utenti umani (e viceversa).

Calcolatrice: una macchina capace di fare le operazioni dell’aritmetica (calculator in Inglese). Le calcolatrici sono meccaniche, a manovella (Pieri è affezionato a una Brunsviga anteguerra), a leva o, ormai quasi sempre, mosse da un motorino elettrico (belle le Divisumma 14 dell’Olivetti). Funzionano in base 10, sono a cifre (digitali): i simboli da ‘0’ a ‘9’ sono rappresentati da ruote dentate che girano a scatti e possono assumere 10 posizioni. Quando la ruota delle unità passa da ‘9’ a ‘0’, cioè ha fatto un giro completo ovvero ha contato fino a 10, trasmette uno scatto (il riporto!) alla ruota delle decine e così via - le prime funzionanti le ha realizzate Pascal a metà ’600.
[ndr posteriore alla primavera 1956] L’addizionatore binario di Sibani è pari pari la macchina di Pascal: le sue 6 ruote sono circuiti elettronici alloggiati in 6 coppie di telaietti standard, invece di 10 scatti per giro ne fanno 2 soli.

Calcolatore: (in Inglese computer) una persona che per lavoro fa calcoli numerici, eseguendo procedimenti più o meno complessi, da quelli della contabilità aziendale alla risoluzione di difficili problemi di fisica e ingegneria. I calcolatori sono anche abilissimi a usare calcolatrici e regoli. I calcolatori più bravi in Italia dice siano i ricercatori dell’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo di Roma.
La macchina che vogliono costruire a Pisa è programmabile, universale addirittura, quindi opportunamente istruita è capace di eseguire procedimenti di calcolo come un calcolatore, ma più velocemente e senza errori.
Inglesi e americani le chiamano automatic calculator, cioè calcolatrici che non hanno bisogno di un calcolatore o addirittura automatic computer, calcolatori automatici. Come dice De Finetti, fa pensare.
[ndr posteriore a maggio 1955] Ella le chiama direttamente computer.
[ndr posteriore ad aprile 1959] L’Olivetti ha cominciato a pubblicizzare gli Elea come calcolatori elettronici.

Cibernetica: (in Inglese cybernetics) se ho capito bene lavorerò in un progetto di cibernetica, la disciplina che studia le funzioni di controllo e di comunicazione negli animali e nelle macchine. De Finetti apre il suo saggio sulle calcolatrici elettroniche parlando di cibernetica e sottolineandone le implicazioni filosofiche. Caracciolo è invece molto più concreto: il contesto che ha in mente è quello del calcolo numerico come strumento per la ricerca scientifica.
[ndr posteriore a maggio 1955] Ella mi ha fatto leggere l’articolo di Turing su Mind, parla di macchine e intelligenza, ma la parola cybernetics non compare mai...
[ndr posteriore a 8 aprile 1956] Ho letto dell’Adamo II di Ceccato e Maretti, e del gruppo della Scuola Operativa Italiana, i nostri cibernetici. È stato presentato nientepopodimento che al Presidente Gronchi come una macchina pensante. Sui metodi dei cibernetici rimango scettico.
[ndr posteriore al 1959] Negli States comincia a prender piede il nome computer science.

Sincrotrone: o elettrosincrotrone, quanto se ne parla! È un acceleratore di particelle, di elettroni in particolare. I fisici amano far scontrare particelle e vedere cosa succede. Quello progettato a Pisa sarà da un GeV, un miliardo di elettronvolt, che sarebbe la massima energia disponibile nel centro di massa, cioè dove avviene lo scontro. Sarà anche a focheggiamento debole, che mi dicono è un modo per mantenere focalizzato il fascio di elettroni. I paroloni dei fisici certo affascinano: l’acceleratore di Brookhaven si chiama cosmotrone, quello di Berkeley bevatrone. Il nostro lo faranno a Roma dove gli enti finanziatori hanno promesso uno stanziamento di 800 milioni terreno incluso, la Macchia dello Sterparo, nel Comune di Frascati. Ai lombardi invece è andato il reattore atomico che faranno a Ispra, sul Lago Maggiore.
A Pisa se faremo la calcolatrice elettronica è ancora grazie all’iniziativa dei fisici: saranno i paroloni, ma la loro capacità di attirare grandi finanziamenti su progetti di ricerca ambiziosi è davvero invidiabile.

Tabulatrice: inventate da Herman Hollerith, furono usate con successo per il censimento USA del 1890, l’IBM è nata così, anche se non si chiamò subito IBM. Da allora, le tabulatrici lavorano dove ci sono molti dati da gestire: banche, contabilità aziendale, archivi. I dati sono codificati su schede perforate, le macchine leggono le schede in sequenza e possono fare operazioni sui dati delle schede che passano. Contatti elettrici stabiliti con cavetti su un pannello definiscono le operazioni da fare. I pannelli sono grovigli terribili, per fortuna sono intercambiabili, per cambiare programma si cambia pannello.
Il fatto che le operazioni si fanno sui dati che passano è un limite: si riescono a fare tante cose utili, ma non si possono eseguire tutti i procedimenti di calcolo, non sono, insomma, macchine universali.
Le Bull che Olivetti vende in Italia sono tabulatrici, l’azienda è francese, ma i brevetti originali sono del signor Bull, norvegese che aveva studiato e migliorato le macchine di Hollerith usate nel censimento norvegese del 1894.

Macchina universale: è un concetto teorico, un formalismo per esprimere tutti i procedimenti di calcolo che si possono esprimere. Mi pare una tautologia, ma non ci ho capito molto. Due cose sì: una logici e matematici l’hanno cercata per parecchio tempo, due serve a separare le macchine vere fra quelle universali (come la Ferranti acquistata dall’INAC di Roma) e quelle no (come le tabulatrici Bull che vende Olivetti). Mario mi ha detto che può bastare, prima o poi capirò.
[ndr posteriore a maggio 1955] Ella ha provato a spiegarmi. Mi ha fatto una lunga storia partendo da Hilbert e mettendoci dentro Russell (mi ricordavo fosse un filosofo), Gödel (sentito dire), Turing (che cita sempre), altri due, Church e Kleene, a detta di lei importanti, e altri ancora che non mi ricordo. Per lei era tutto molto eccitante, mi sono eccitato anch’io, ma non ho proprio tutto chiaro. Il bello è che la macchina che hanno trovato non è quella che cercavano; anzi, l’hanno trovata mentre si davano daffare a dimostrare che quella che cercavano non esiste. Ma sono contenti lo stesso. Matematici...
[ndr posteriore a febbraio 1959] Ho seguito le tre lezioni sulle macchine di Turing, universali e non, del corso che Corrado Böhm tiene a Pisa. Finalmente ho capito.